venerdì 8 marzo 2013

BREVISSIMA STORIA DELLA STAMPA

STORIA DELLA STAMPA
La carta
I Cinesi iniziarono a produrla del I sec. d.C. triturando stracci di lino e cotone.
Il primo documento cartaceo in Italia è una lettera del 1109, scritta in greco e arabo e conservata a Palermo.
La prima cartiera italiana è quella di Fabriano, nelle Marche, fondata nel 1276. I cartai di Fabriano sono considerati i migliori d’Europa. Ne seguiranno poi altre a Bologna, Prato, Venezia, Modena e Amalfi.
Fino alla fine del XVIII secolo la carta venne fabbricata a mano, con stracci di lino e cotone triturati, sciolti in acqua e spappolati fino allo stato semiliquido. La pasta viene poi posta in un telaio distribuita uniformemente, la si disidrata e la si stende ad asciugare, si passa poi alla collatura: immersione in colla animale che dà maggiore resistenza e compattezza.
Dal XIV secolo l’uso della carta divenne molto diffuso, fino a soppiantare la pergamena che continuò per un po’ di tempo ad essere usata solo per i documenti ufficiali.
All’inizio del XIX secolo iniziò la produzione meccanica della carta e intorno al 1850 iniziò l’impiego di cellulosa e di legno.
La stampa
Dalla fine del XII secolo, con la diffusione di una cultura laica, non sono più soltanto i monasteri a produrre testi scritti. Anche la ricca borghesia si avvicina alla lettura, nascono così biblioteche private e si aprono le prime Unversità che elaborano trattati e opere anche in volgare. Si moltiplicano le botteghe di scrivani producendo testi umanistici e scientifici. Ma l’offerta dell’editoria manoscritta risulta insufficiente e si cominciano a cercare procedimenti innovativi per produrre un maggior numero di copie in tempi brevi e a un costo minore.
Il libro xilografato: è la prima produzione a stampa attraverso pagine incise su matrici di legno.
La tipografia: combinazione di caratteri mobili di metallo che possono essere assemblati in infinite combinazioni. I tipi sono i caratteri che riproducono le lettere.
La produzione meccanica di libri in Europa ebbe inizio a Magonza, in Germania, nel 1447, nella stamperia di Johan Gutemberg che inventò i caratteri metallici.
Il grande vantaggio della stampa a caratteri mobili consiste nella possibilità di scomposizione e riutilizzazione degli stessi caratteri.
Procedimento: per ogni lettera viene fabbricato un punzone di metallo molto duro sulla cui estremità è incisa la lettera a rilievo. Con il punzone si incide una matrice di metallo meno duro su cui la lettera vien impressa in incavo (punzonatura). Da questa matrice si possono fondere caratteri tipografici nella quantità desiderata che risultano in rilievo, come il punzone.
Incunaboli: sono i testi stampati dal momento dell’invenzione della stampa fino al XVI secolo. Il nome deriva dal latino in cuna (in culla) che indica la nascita del libro.
Il primo libro stampato da Gutemberg fu la Bibbia.
Aldo Manuzio (Bassiano 1450 – Venezia 1515)
Fu il più importante stampatore ed editore del rinascimento, profondo conoscitore del latino e del greco, amico di grandi letterati e intellettuali. Intorno al 1490 si trasferì a Venezia, importante centro di produzione libraria, e iniziò la sua attività di tipografo nel 1495 con la collaborazione del bolognese Francesco Griffo che elaborò una nuova serie di caratteri corsivi inclinati e molto compatti, che consentivano un’economia di spazio e quindi un prezzo più accessibile del libro. Con questo tipo di caratteri Manuzio stampò una illustre serie di testi classici, tra i quali il più notevole fu l’Hpnerotomachia Poliphili (Battaglia d’amore nel sogno di Polifilo) di Francesco Colonna.
Dall’aprile 1501 pubblicò mensilmente, per cinque anni, un’edizione di testi classici molto pregiati
in tiratura di mille copie, chiamati edizioni aldine, che per il piccolo formato e il prezzo accessibile si diffusero in tutta Europa.














LE TECNICHE DI STAMPA DELL’IMMAGINE
XILOGRAFIA: l’immagine viene intagliata in rilievo su una tavola di legno duro, tagliata nel senso della fibra ( “legno di filo”) o, più raramente, tagliata in senso trasversale al tronco (“legno di testa”. Su questa matrice levigata viene eseguito il disegno, rovesciato rispetto all’immagine che si vuole creare, che poi viene inciso con un comune coltellino o vari tipi di sgorbia o, più raramente , il bulino. Poi le parti a rilievo vengono inchiostrate con un rullo o un tampone e poi pressate sulla carta o su un tessuto a mano, premendo e strofinando delicatamente una stecca di osso sul foglio asciutto, o con il torchio xilografico, inventato intorno al 1450: due piani orizzontali paralleli, quello superiore esercita una pressione forte e uniforme su quello inferiore fisso sul quale è posto il foglio di carta inumidito. Si ottiene così l’immagine desiderata.
Con le xilografie si creavano le illustrazioni che accompagnavano il testo stampato a caratteri mobili.
Xilografia a colori: in genere si usano tre matrici, ognuna delle quali riporta solo una parte del disegno; le tre matrici vengono inchiostrate e stampate una dopo l’altra, facendo molta attenzione, fino a ottenere l’immagine completa. Si inizia sempre dal colore più chiaro.

CALCOGRAFIA: l’immagine viene incisa in cavo sul metallo. Il termine significa letteralmente “scrittura su rame” , metallo più usato inizialmente. Oggi è generalmente usato lo zinco. Le parti incise ricevono l’inchiostro.
Procedimento diretto: è la mano dell’artista che incide il metallo. Esistono tre metodi: bulino, puntasecca e maniera nera.
Bulino: è uno scalpello costituito da un grosso manico di legno tondeggiante e da una lama di acciatio a sezione quadrata tagliata obliquamente ottenendo una sezione a forma di losanga il cui vertice, detto becco, incide il metallo determinando un solco a V la cui profondità è direttamente proporzionale alla larghezza. Incidendo viene sollevato un truciolo di metallo e leggeri sollevamenti laterali dette barbe, poi eliminate con raschietto acuminato (raschiatoio). Data la durezza del metallo l’impiego del bulino è piuttosto faticoso e richiede notevole precisione.
Puntasecca: l’incisione viene fatta con punte di acciaio acuminate, con impugnatura in legno. Il procedimento è simile a quello dell’incisione a bulino, ma in questo caso le barbe ai lati del solco non vengono eliminate e, trattenendo l’inchiostro, durante la stampa danno al segno un alone morbido e vellutato. Non si possono superare le 10 copie perché la pressione del torchio provoca lo schiacciamento delle barbe producendo un segno privo dei caratteristici effetti chiaroscurali.
Maniera nera o mezzatinta: si basa su un metodo inverso rispetto al bulino e alla puntasecca: un pettine d’acciaio a forma di mezzaluna, detto rocker, viene passato più volte sulla lastra rendendola rugosa; una volta inchiostrata produce una stampa del tutto annerita. Poi, con il brunitoio, costituito da uno stelo di legno terminante con una parte tondeggiante in acciaio, i solchi prodotti dal rocker vengono schiacciati, per attutirli o cancellarli, per ottenere mezzi toni e bianchi. L’immagine risulterà bianca e grigia su fondo nero.
Procedimento indiretto: il metallo viene corroso da acidi, come nell’acquaforte, nell’acquatinta e nella vernice molle.
Acquaforte: la lastra viene ricoperta con una sostanza composta di cera e bitume, poi viene affumicata per rendere più visibile il disegno che vi verrà tracciato sopra con una punta di metallo, Il disegno scalfisce la superficie scoprendo il metallo. La lastra vien poi immersa in un liquido composto di acqua e acido nitrico in modo che il metallo privo di rivestimento protettivo viene corroso. La profondità dei solchi dipende dalla durata dell’immersione, detta morsura. Per ottenere effetti chiaroscurali diversi è necessario immergere più volte la lastra ricoprendo ogni volta le parti in cui i solchi devono essere meno profondi. Infine la lastra, lavata e ripulita viene inchiostrata e stampata con il solito procedimento.
Acquatinta: è una variante dell’acquaforte; sulla lastra si fa depositare un pulviscolo di materia grassa e cerosa, la colofonia, che tramite l’effetto del calore aderisce alla matrice trasformandola in una superficie granulosa. Si prosegue con il procedimento dell’acquaforte: stesura della vernice coprente, affumicatura della lastra, realizzazione del disegno e morsura. Nella morsura la presenza della colofonia determina una irregolare corrosione della lastra. Nella stampa l’immagine risulta caratterizzata da effetti di sgranatura che la rendono spesso simile all’acquerello, per questo viene detta acquatinta. Tali effetti possono essere accentuati o diminuiti variando la densità della colofonia e il tempo di permanenza della lastra nell’acido.

LITOGRAFIA: tecnica a stampa che utilizza una matrice di pietra calcarea, detta pietra litografica, che è porosa. L’immagine viene realizzata con una penna a inchiostro litografico, in questo caso la pietra deve essere ben levigata, o con la matita litografia o il pennello, in questi casi la superficie deve essere rugosa, effetto ottenibile strofinando sulla pietra sabbia. I colori devono comunque essere piuttosto grassi. L’immagine viene poi fissata sulla matrice con speciali trattamenti a base di acido nitrico e gomma arabica. Poi la matrice viene bagnata con una spugna: le zone coperte di colore rimangono asciutte perché respingono l’acqua. Si stende poi sulla matrice un inchiostro che verrà trattenuto dalle parti asciutte, disegnate e colorate,. Si passa poi alla stampa con un torchio litografico: ogni copia della stampa richiede una nuova inchiostratura. Per litografie a colori bisogna preparare tante matrici quanti sono i colori.