STORIA
DELLA STAMPA
La
carta
I
Cinesi iniziarono a produrla del I sec. d.C. triturando stracci di
lino e cotone.
Il
primo documento cartaceo in Italia è una lettera del 1109, scritta
in greco e arabo e conservata a Palermo.
La
prima cartiera italiana è quella di Fabriano, nelle Marche, fondata
nel 1276. I cartai di Fabriano sono considerati i migliori d’Europa.
Ne seguiranno poi altre a Bologna, Prato, Venezia, Modena e Amalfi.
Fino
alla fine del XVIII secolo la carta venne fabbricata a mano, con
stracci di lino e cotone triturati, sciolti in acqua e spappolati
fino allo stato semiliquido. La pasta viene poi posta in un telaio
distribuita uniformemente, la si disidrata e la si stende ad
asciugare, si passa poi alla collatura: immersione in colla animale
che dà maggiore resistenza e compattezza.
Dal
XIV secolo l’uso della carta divenne molto diffuso, fino a
soppiantare la pergamena che continuò per un po’ di tempo ad
essere usata solo per i documenti ufficiali.
All’inizio
del XIX secolo iniziò la produzione meccanica della carta e intorno
al 1850 iniziò l’impiego di cellulosa e di legno.
La
stampa
Dalla
fine del XII secolo, con la diffusione di una cultura laica, non sono
più soltanto i monasteri a produrre testi scritti. Anche la ricca
borghesia si avvicina alla lettura, nascono così biblioteche private
e si aprono le prime Unversità che elaborano trattati e opere anche
in volgare. Si moltiplicano le botteghe di scrivani producendo testi
umanistici e scientifici. Ma l’offerta dell’editoria manoscritta
risulta insufficiente e si cominciano a cercare procedimenti
innovativi per produrre un maggior numero di copie in tempi brevi e a
un costo minore.
Il
libro xilografato:
è la prima produzione a stampa attraverso pagine incise su matrici
di legno.
La
tipografia:
combinazione di
caratteri mobili di metallo che possono essere assemblati in infinite
combinazioni. I tipi
sono i caratteri che riproducono le lettere.
La
produzione meccanica di libri in Europa ebbe inizio a
Magonza, in Germania,
nel 1447,
nella stamperia di Johan
Gutemberg che
inventò i caratteri metallici.
Il
grande vantaggio della stampa a caratteri mobili consiste nella
possibilità di scomposizione e riutilizzazione degli stessi
caratteri.
Procedimento:
per ogni lettera viene fabbricato un punzone di metallo molto duro
sulla cui estremità è incisa la lettera a rilievo. Con il punzone
si incide una matrice di metallo meno duro su cui la lettera vien
impressa in incavo (punzonatura). Da questa matrice si possono
fondere caratteri tipografici nella quantità desiderata che
risultano in rilievo, come il punzone.
Incunaboli:
sono i testi stampati dal momento dell’invenzione della stampa fino
al XVI secolo. Il nome deriva dal latino in
cuna (in culla) che
indica la nascita del libro.
Il
primo libro stampato da Gutemberg fu la
Bibbia.
Aldo
Manuzio (Bassiano
1450 – Venezia 1515)
Fu
il più importante stampatore ed editore del rinascimento, profondo
conoscitore del latino e del greco, amico di grandi letterati e
intellettuali. Intorno al 1490 si trasferì a Venezia, importante
centro di produzione libraria, e iniziò la sua attività di
tipografo nel 1495 con la collaborazione del bolognese Francesco
Griffo che elaborò una nuova serie di caratteri corsivi inclinati e
molto compatti, che consentivano un’economia di spazio e quindi un
prezzo più accessibile del libro. Con questo tipo di caratteri
Manuzio stampò una illustre serie di testi classici, tra i quali il
più notevole fu l’Hpnerotomachia Poliphili (Battaglia d’amore
nel sogno di Polifilo) di Francesco Colonna.
Dall’aprile
1501 pubblicò mensilmente, per cinque anni, un’edizione di testi
classici molto
pregiati
in
tiratura di mille copie, chiamati edizioni
aldine, che per
il piccolo formato e il prezzo accessibile si diffusero in tutta
Europa.
LE
TECNICHE DI STAMPA DELL’IMMAGINE
XILOGRAFIA:
l’immagine viene intagliata in rilievo su una tavola di legno
duro, tagliata nel senso della fibra ( “legno di filo”) o, più
raramente, tagliata in senso trasversale al tronco (“legno di
testa”. Su questa matrice levigata viene eseguito il disegno,
rovesciato rispetto all’immagine che si vuole creare, che poi viene
inciso con un comune coltellino o vari tipi di sgorbia o, più
raramente , il bulino. Poi le parti a rilievo vengono inchiostrate
con un rullo o un tampone e poi pressate sulla carta o su un tessuto
a mano, premendo e strofinando delicatamente una stecca di osso sul
foglio asciutto, o con il torchio xilografico, inventato intorno al
1450: due piani orizzontali paralleli, quello superiore esercita una
pressione forte e uniforme su quello inferiore fisso sul quale è
posto il foglio di carta inumidito. Si ottiene così l’immagine
desiderata.
Con
le xilografie si creavano le illustrazioni che accompagnavano il
testo stampato a caratteri mobili.
Xilografia
a colori: in genere si usano tre matrici, ognuna delle quali riporta
solo una parte del disegno; le tre matrici vengono inchiostrate e
stampate una dopo l’altra, facendo molta attenzione, fino a
ottenere l’immagine completa. Si inizia sempre dal colore più
chiaro.
CALCOGRAFIA:
l’immagine viene incisa in cavo sul metallo. Il termine significa
letteralmente “scrittura su rame” , metallo più usato
inizialmente. Oggi è generalmente usato lo zinco. Le parti incise
ricevono l’inchiostro.
Procedimento
diretto:
è la mano
dell’artista che incide il metallo. Esistono tre metodi: bulino,
puntasecca e
maniera nera.
Bulino:
è uno scalpello costituito da un grosso manico di legno
tondeggiante e da una lama di acciatio a sezione quadrata tagliata
obliquamente ottenendo una sezione a forma di losanga il cui
vertice, detto becco,
incide il metallo determinando un solco a V la cui profondità è
direttamente proporzionale alla larghezza. Incidendo viene sollevato
un truciolo di metallo e leggeri sollevamenti laterali dette barbe,
poi eliminate con raschietto acuminato (raschiatoio). Data la durezza
del metallo l’impiego del bulino è piuttosto faticoso e richiede
notevole precisione.
Puntasecca:
l’incisione viene fatta con punte di acciaio acuminate, con
impugnatura in legno. Il procedimento è simile a quello
dell’incisione a bulino, ma in questo caso le barbe
ai lati del solco non vengono eliminate e, trattenendo l’inchiostro,
durante la stampa danno al segno un alone morbido e vellutato. Non si
possono superare le 10 copie perché la pressione del torchio provoca
lo schiacciamento delle barbe producendo un segno privo dei
caratteristici effetti chiaroscurali.
Maniera
nera o mezzatinta:
si basa su un metodo inverso rispetto al bulino e alla puntasecca: un
pettine d’acciaio a forma di mezzaluna, detto rocker, viene passato
più volte sulla lastra rendendola rugosa; una volta inchiostrata
produce una stampa del tutto annerita. Poi, con il brunitoio,
costituito da uno stelo di legno terminante con una parte
tondeggiante in acciaio, i solchi prodotti dal rocker vengono
schiacciati, per attutirli o cancellarli, per ottenere mezzi toni e
bianchi. L’immagine risulterà bianca e grigia su fondo nero.
Procedimento
indiretto:
il metallo viene corroso da acidi, come nell’acquaforte,
nell’acquatinta
e nella vernice
molle.
Acquaforte:
la lastra viene
ricoperta con una sostanza composta di cera e bitume, poi viene
affumicata per rendere più visibile il disegno che vi verrà
tracciato sopra con una punta di metallo, Il disegno scalfisce la
superficie scoprendo il metallo. La lastra vien poi immersa in un
liquido composto di acqua e acido nitrico in modo che il metallo
privo di rivestimento protettivo viene corroso. La profondità dei
solchi dipende dalla durata dell’immersione, detta morsura.
Per ottenere effetti chiaroscurali diversi è necessario immergere
più volte la lastra ricoprendo ogni volta le parti in cui i solchi
devono essere meno profondi. Infine la lastra, lavata e ripulita
viene inchiostrata e stampata con il solito procedimento.
Acquatinta:
è una variante dell’acquaforte; sulla lastra si fa depositare un
pulviscolo di materia grassa e cerosa, la colofonia, che tramite
l’effetto del calore aderisce alla matrice trasformandola in una
superficie granulosa. Si prosegue con il procedimento
dell’acquaforte: stesura della vernice coprente, affumicatura della
lastra, realizzazione del disegno e morsura. Nella morsura la
presenza della colofonia determina una irregolare corrosione della
lastra. Nella stampa l’immagine risulta caratterizzata da effetti
di sgranatura che la rendono spesso simile all’acquerello, per
questo viene detta acquatinta. Tali effetti possono essere accentuati
o diminuiti variando la densità della colofonia e il tempo di
permanenza della lastra nell’acido.
LITOGRAFIA:
tecnica a stampa
che utilizza una matrice di pietra calcarea, detta pietra
litografica, che
è porosa. L’immagine viene realizzata con una penna a inchiostro
litografico, in questo caso la pietra deve essere ben levigata, o con
la matita litografia o il pennello, in questi casi la superficie deve
essere rugosa, effetto ottenibile strofinando sulla pietra sabbia. I
colori devono comunque essere piuttosto grassi. L’immagine viene
poi fissata sulla matrice con speciali trattamenti a base di acido
nitrico e gomma arabica. Poi la matrice viene bagnata con una spugna:
le zone coperte di colore rimangono asciutte perché respingono
l’acqua. Si stende poi sulla matrice un inchiostro che verrà
trattenuto dalle parti asciutte, disegnate e colorate,. Si passa poi
alla stampa con un torchio litografico: ogni copia della stampa
richiede una nuova inchiostratura. Per litografie a colori bisogna
preparare tante matrici quanti sono i colori.