CONCILIO DI TRENTO
SESSIONE XXV (3-4 dicembre 1563)
oiché
la chiesa cattolica, istruita dallo Spirito santo, conforme alle sacre scritture
e all’antica tradizione, ha insegnato nei sacri concili, e recentissimamente in
questo concilio ecumenico (403) che il purgatorio esiste e che le anime lì
tenute possono essere aiutate dai suffragi dei fedeli e in modo particolarissimo
col santo sacrificio dell’altare, il santo sinodo comanda ai vescovi che con
diligenza facciano in modo che la sana dottrina sul purgatorio, quale è stata
trasmessa dai santi padri e dai sacri concili (404), sia creduta, ritenuta,
insegnata e predicata dappertutto.
Nelle prediche rivolte al popolo meno istruito, si evitino le
questioni più difficili e più sottili, che non servono all’edificazione, e da
cui, per lo più, non c’è alcun frutto per la pietà. Così pure non permettano che
si diffondano e si trattino dottrine incerte o che possano presentare apparenze
di falsità. Proibiscano, inoltre, come scandali e inciampi per i fedeli, quelle
questioni che servono (solo) ad una certa curiosità e superstizione e sanno di
speculazione.
I vescovi, inoltre, abbiano cura che i suffragi dei fedeli
viventi e cioè i sacrifici delle messe, le preghiere, le elemosine ed altre
opere pie, che si sogliono fare dai fedeli per altri fedeli defunti, siano fatti
con pietà e devozione secondo l’uso della chiesa e che quei suffragi che secondo
le fondazioni dei testatori o per altro motivo devono essere fatti per essi,
vengano soddisfatti dai sacerdoti, dai ministri della chiesa e dagli altri che
ne avessero l’obbligo, non sommariamente e distrattamente, ma diligentemente e
con accuratezza.
Della invocazione, della venerazione e delle reliquie dei santi e delle sacre immagini.
Il santo sinodo comanda a tutti i vescovi e a quelli che
hanno l’ufficio e l’incarico di insegnare, che - conforme all’uso della chiesa
cattolica e apostolica, tramandato fin dai primi tempi della religione
cristiana, al consenso dei santi padri e ai decreti dei sacri concilii, - prima
di tutto istruiscano diligentemente i fedeli sull’intercessione dei santi, sulla
loro invocazione, sull’onore dovuto alle reliquie, e sull’uso legittimo delle
immagini, insegnando che i santi, regnando con Cristo, offrono a Dio le loro
orazioni per gli uomini; che è cosa buona ed utile invocarli supplichevolmente e
ricorrere alle loro orazioni, alla loro potenza e al loro aiuto, per impetrare
da Dio i benefici, per mezzo del suo figlio Gesù Cristo, nostro signore, che è
l’unico redentore e salvatore nostro; e che quelli, i quali affermano che i
santi - che godono in cielo l’eterna felicità - non devono invocarsi o che essi
non pregano per gli uomini o che l’invocarli, perché preghino anche per ciascuno
di noi, debba dirsi idolatria, o che ciò è in disaccordo con la parola di Dio e
si oppone all’onore del solo mediatore tra Dio e gli uomini, Gesù Cristo (405);
o che è sciocco rivolgere le nostre suppliche con la voce o con la mente a
quelli che regnano nel cielo, pensano empiamente.
Insegnino ancora diligentemente che i santi corpi dei martiri
e degli altri che vivono con Cristo - un tempo membra vive di Cristo stesso e
tempio dello Spirito santo (406) -, e che da lui saranno risuscitati per la vita
eterna e glorificati, devono essere venerati dai fedeli, quei corpi, cioè, per
mezzo dei quali vengono concessi da Dio agli uomini molti benefici. Perciò
quelli che affermano che alle reliquie dei santi non si debba alcuna venerazione
ed alcun onore; che esse ed altri resti sacri inutilmente vengono onorati dai
fedeli; o che invano si frequentano i luoghi della loro memoria per ottenere il
loro aiuto, sono assolutamente da condannarsi, come già da tempo la chiesa li ha
condannati e li condanna ancora.
Inoltre le immagini di Cristo, della Vergine madre di Dio e
degli altri santi devono essere tenute e conservate nelle chiese; ad esse si
deve attribuire il dovuto onore e la venerazione: non certo perché si crede che
vi sia in esse una qualche divinità o virtù, per cui debbano essere venerate; o
perché si debba chiedere ad esse qualche cosa, o riporre fiducia nelle immagini,
come un tempo facevano i pagani, che riponevano la loro speranza negli idoli
(407), ma perché l’onore loro attribuito si riferisce ai prototipi, che esse
rappresentano. Attraverso le immagini, dunque, che noi baciamo e dinanzi alle
quali ci scopriamo e ci prostriamo, noi adoriamo Cristo e veneriamo i santi, di
cui esse mostrano la somiglianza. Cosa già sancita dai decreti dei concili -
specie da quelli del secondo concilio di Nicea - contro gli avversari delle
sacre immagini (408).
Questo, poi, cerchino di insegnare diligentemente i vescovi:
che attraverso la storia dei misteri della nostra redenzione, espressa con le
pitture e con altre immagini, il popolo viene istruito e confermato nel
ricordare gli articoli di fede e nella loro assidua meditazione. Ed inoltre, che
da tutte le sacre immagini si trae grande frutto, non solo perché vengono
ricordati al popolo i benefici e i doni che gli sono stati fatti da Cristo, ma
anche perché nei santi sono posti sotto gli occhi dei fedeli le meraviglie e gli
esempi salutari di Dio, così che ne ringrazino Dio, cerchino di regolare la loro
vita e i loro costumi secondo l’imitazione dei santi, siano spinti ad adorare ed
amare Dio e ad esercitare la pietà. Se qualcuno insegnerà o crederà il contrario
di questi decreti, sia anatema.
Se poi, contro queste sante e salutari pratiche, fossero
invalsi degli abusi, il santo sinodo desidera ardentemente che essi siano
senz’altro tolti di mezzo. Pertanto non sia esposta nessuna immagine che esprima
false dottrine e sia per i semplici occasione di pericolosi errori.
Se avverrà che qualche volta debbano rappresentarsi e
raffigurarsi le storie e i racconti della sacra scrittura - questo infatti giova
al popolo, poco istruito - si insegni ad esso che non per questo viene
raffigurata la divinità, quasi che essa possa esser vista con questi occhi
corporei o possa esprimersi con colori ed immagini.
Nella invocazione dei santi, inoltre, nella venerazione delle
reliquie e nell’uso sacro delle immagini sia bandita ogni superstizione, sia
eliminata ogni turpe ricerca di denaro e sia evitata ogni licenza, in modo da
non dipingere o adornare le immagini con procace bellezza. Così pure, i fedeli
non approfittino delle celebrazioni dei santi e della visita alle reliquie per
darsi all’abuso del mangiare e del bere, quasi che le feste dei santi debbano
celebrarsi col lusso e la libertà morale. Da ultimo, in queste cose sia usata
dai vescovi tanta diligenza e tanta cura, che niente appaia disordinato, niente
fuori posto e rumoroso, niente profano, niente meno onesto: alla casa di Dio,
infatti, si addice la santità (409).
E perché queste disposizioni vengano osservate più
fedelmente, questo santo sinodo stabilisce che non è lecito a nessuno porre o
far porre un’immagine inconsueta in un luogo o in una chiesa, per quanto esente,
se non è stata prima approvata dal vescovo; né ammettere nuovi miracoli, o
accogliere nuove reliquie, se non dopo il giudizio e l’approvazione dello stesso
vescovo. Questi, poi, non appena sia venuto a sapere qualche cosa su qualcuno di
questi fatti, consultati i teologi ed altre pie persone, faccia quello che
crederà conforme alla verità e alla pietà. Se infine si presentasse qualche
abuso dubbio o difficile da estirpare o se sorgesse addirittura qualche
questione di una certa gravità intorno a questi problemi, il vescovo, prima di
decidere aspetti l’opinione del metropolita e dei vescovi della regione nel
concilio provinciale. Comunque, le cose siano fatte in modo tale, da non
stabilire nulla di nuovo o di inconsueto nella chiesa, senza aver prima
consultato il santissimo pontefice romano,