lunedì 26 aprile 2010

Piet Mondrian

Studia all’Accademia di Amsterdam e si dedica a una pittura di paesaggio di gusto simbolista sviluppando nel frattempo grande interesse per la teosofia che dura nel tempo (nel 1909 risulta iscritto alla Società teosofica). Dal 1906-1907 verrà influenzato dai fauves . Dal 1912 al 1914 vive a Parigi e conosce Picasso e Braque confrontandosi direttamente con il cubismo.
Nel 1915 entra in contatto con Theo van Doesgurg, artista, architetto e teorico che nel 1917 pubblica la rivista De Stijl con contributi dello stesso Mondrian. Da questo momento inizia la progressiva riduzione di forma e colore che segnano la nascita del Neoplasticismo (Mondrian, Van Doesgurg, Vantongerloo), dal saggio dello stesso Mondrian, Il Neoplasticismo in pittura. Torna a Parigi nel 1919 dove è riconosciuto come uno dei protagonisti dell’Astrattismo internazionale e prosegue verso un’astrazione sempre più radicale fino ad arrivare alle griglie ortogonale nere che racchiudono campiture dei colori fondamentali, in piani rettangolari governati dalla proporzione matematica della sezione aurea. La sua pittura mira a distillare dall’apparenza mutevole del reale una nuova plastica fatta di equilibri e relazioni puri che abbandonano ogni elemento soggettivo e mutevole. Si trasferirà a Londra nel 1938 ne negli Stati Uniti nel 1940, dove morirà nel 1944. Il suo percorso verso l’Astrattismo parte dall’osservazione diretta della natura attraverso l’approfondimento del motivo producendo, così come avevano già fatto Monet e Cézanne, varie serie di opere che mostrano chiaramente il suo andare verso una progressiva spoliazione di tutto ciò che è contingente, sia nei colori che nella linea, di tutto ciò che può esprimere la mutevolezza dell cose. Egli radicalizza la ricerca di Cézanne sulla struttura geometrica sottostante agli elementi naturali, ma rinuncia alle definizioni chiaroscurali, eliminando progressivamente il colore, così come avevano fatto Picasso e Braque nel cubismo analitico, in grigi e bruni quasi monocromi. Il suo lavoro passa dunque attraverso l'influenza delle ricerche francesi, prima dei fauves, poi del cubismo. Nelle varie versioni dell’albero egli sembra partire da una prima opera tendenzialmente fauve – Crepuscolo, 1908 - per passare poi al monocromo dell’Albero grigio del 1911 dove i rami sembrano incastonarsi nel cielo argenteo, fuso al terreno innevato, come i contorni piombati di una vetrata su un piano drasticamente bidimensionale. Il tema prosegue in Melo in fiore del 1912, dove la prima immagine espressionista dell’albero è ridotta a un reticolo di eleganti linee rette e curve, vago ricordo della griglia cubista, che suggeriscono una sorta di armonia pitagorica sottostante e creano l’effetto di tessere o scaglie iridescenti sulla compattezza del fondo. Arriverà intorno al 1915 a composizioni nelle quali è impossibile rintracciare qualsiasi riferimento reale, nelle quali piccole croci nere si dispongono su fondi bianchi in composizioni ovali (Molo e Oceano). E’ intanto iniziato il rapporto con Van Doesburg. Il passo successivo porterà alla riduzione della pittura a assi ortogonali e al recupero del colore, ma unicamente nella sua espressione assoluta data dai colori fondamentali considerati puri. L'eliminazione di tutti gli altri colori sottostà alla stessa legge di ricerca dell'assoluto: essi derivano dall'unione dei fondamentali, sono dunque soltanto variazioni contingenti di essi. Dal 1919 inizia la serie di Composizioni realizzate attraverso sapienti bilanciamenti di quantità e qualità del colore - rosso, blu e giallo - e organizzazione degli spazi che producono un equilibrio pur nell’assenza di simmetria, metafora di una superiore e universale armonia . Apparentemente identiche, in realtà nessuna di queste Composizioni è uguale all'altra: sembrano alludere a una infinita possibilità di combinazioni degli elementi.
Pur nell'apparente tendenza all'assoluta razionalità Mondrian, influenzato come abbiamo detto dalle tendenze teosofiche del tempo, sembra cercare l'espressione di un assoluto universale. Non a caso la sua pittura è stata avvicinata all'impostazione filosofica egheliana dalla quale sembra riprendere anche l'idea della "morte dell'arte" come fine ultimo dell'arte stessa: l'arte morirà, in un utopico futuro, poichè la vita stessa sarà arte.
Anche la scelta dei due assi ortogonali come unici degni di rappresentare la linea è espressione di assoluta armonia: le verticali corrispondono al principio maschile e all'uniearsale, le orizzontali al femminile e all'individuale. Egli stesso dirà: "L'unità di positivo e negativo è felicità (...) Questa unità è ribadita dall'artista nel quale si trovano entrambe gli elementi maschile e femminile.". L'equilibrio tra le due tendenze porta all'eliminazione del "tragico" , di qualsiasi tensione tra universale e individuale.
L'assenza di simmetria in queste opere indica la ricerca di una dinamica che è gioco ritmico e bilanciato delle parti, non trasformazione delle stesse che porterebbe inevitabilmente al prevalere dell'una sull'altra e dunque al riemergere della tensione e della conseguente dimensione drammatica dell'esistenza. Questa volontà di eliminazione del tragico dall'esistenza avvicina Mondrian alla filosofia di Schopenhauer. Tuttavia l'equilibrio tra due opposti e il percorso dell'uomo verso la progressiva conquista dello Spirito sono principi fondanti delle dottrine teosofiche, ben conosciute da Mondrian.
Con l’avvento della Seconda guerra mondiale Mondrian si trasferisce a New York. Siamo alla fine delle utopie e l'ultima serie, Boogie- Woogie, della quale l'ultimo dipinto di forma romboidale è rimasto incompiuto per la morte dell’artista, mostra come egli si sia allontanato dalla purezza e dal radicalismo degli anni Venti. Riprende il formato a losanga degli anni dieci, elimina le spesse linee nere e costruisce una fitta griglia di quadrati e rettangoli di misure diverse dipinti in bianco, grigio e nei tre colori fondamentali creando ritmo e vibrazione ottica (anticipa Optical Art degli anni sessanta), la sensazione che ne risulta è di dinamismo e vitalità, omaggio alla sua amata New York.